“Occhio non vede cervello non pensa”

di Aldo Sacchetti
Articolo su Il Messaggero Cappuccino bimestrale d’informazione dei cappuccini bolognesi – romagnoli – marzo/aprile 1981 n.21 anno XXXII (pag. 44)

In qualità di medico igienista responsabile dell’Ufficio Igiene della Regione Emilia Romagna, Aldo Sacchetti, è spesso costretto a fare i conti con l’inquinamento atmosferico; nell’articolo che segue ci parla dei rifiuti che quotidianamente respiriamo e che, per legge, non fanno male.

foto M. Renzi

Vedere l’invisibile
Di fronte al problema dell’inquinamento, ciò che deve maggiormente preoccuparci sono i rifiuti occulti. Quando costruiamo delle discariche o vediamo fumi o sentiamo maleodori i nostri sensi ci fanno da campanello d’allarme: siamo così portati istintivamente a porre rimedio o ad allontanarci.
Ciò che invece è drammatica è la dimensione occulta dei rifiuti, e quindi dell’inquinamento, per la dispersione invisibile ed inimmaginabile della ma­teria a livello molecolare, e particolarmente della materia che non appartiene al «ciclo della vita»: per esempio, il piombo. Nei ghiacciai della Groenlandia, che sono ben lontani dalle fonti di emissione di questo minerale si è visto che, in questi due secoli, il livello di piombo è aumentato più di duecen­to volte. E anche se non abbiamo sangue umano di duecento anni fa, possiamo ben presupporre che nel nostro corpo il piombo sia aumentato di più di duecento volte! Il piombo reagisce con lo zolfo, con il fosforo, che è un elemento fondamentale di ogni cellu­la. Ed è il nemico della vita.
Le autorità sanitarie ci assicurano che un microgrammo di piombo nell’aria può essere accettato tranquillamente. Le nostre analisi ci dicono che, a Bologna, il piombo oscilla da due a sei microgrammi. Ma nessuno di noi ha «esperienza» di microgrammi, e siamo portati a credere che nel nostro organismo un microgrammo sia ugua­le a zero. Come fare quindi per «Vede­re», e vedere i danni che provocano nel nostro organismo queste quantità: come fare per quantificarli e renderce­ne conto?
Quando venne fuori il problema dell’atrazina nell’acqua, e il ministero della sanità pensò di risolvere il problema alzando il livello di presunta tollerabilità iniziai a pormi questo problema: come fare per non farsi prendere in giro? Mi ricordai allora degli esperimenti dell’olandese Van Loivenech, che ­ nel seicento ­ con un microscopio molto rudimentale, vide, negli infusi vegetali, delle microscopiche forme di vita, che chiamò poi «infusori», i protozoi. Fu una scoperta incredibile, e la gente non sarebbe riuscita a credere che esistevano degli altri animali invisibili, che portava da sempre sulla pelle. nelle cavità del corpo.
Se non fosse stato disponibile quel microscopio, chi lo avrebbe creduto? Mi misi a cercare quindi uno strumento per far vedere alla gente l’inquinamento invisibile, cioè la quantità dell’inquinamento che non vediamo, ma che è in noi.

I numeri dell’inquinamento
E, nel dicembre 1986, iniziai a fare l’analisi molecolare. Il grande matematico, torinese Avogadro scoprì la formula per determinare il numero delle molecole e degli atomi in un de­terminato elemento. Ritornando al piombo, se vediamo quante molecole di piombo ci sono in un microgrammo e se pensiamo che ognuna di queste interagisce con una molecola del nostro organismo, riusciamo a vedere la reale dimensione del problema.
Se pensiamo che in un invisibile microgrammo di piombo (dei quindici per metro cubo d’aria che ci sono al casello dell’entrata autostradale di S. Lazzaro, BO) moltiplicato per venti, tanti sono i metri cubi che respiriamo giornalmente, ne viene che in ogni microgrammo ingeriamo 2.906.000 miliardi di molecole. Certo, nell’organismo, le nostre molecole sono miliardi di miliardi, ed è anche vero che la somma delle sole molecole che attraversano ogni giorno il nostro organi­smo è una cifra con ventisei zeri, ma di questi ventisei zeri solo sei sono di origine naturale, gli altri venti sono di origine xenobiotica, estranee alla vita. Queste cifre danno un’idea della gravità della situazione.
Di fronte a questi dati, dobbiamo renderci conto che comunemente cre­diamo ad una realtà diversa da quella che in realtà è, perché siamo in una profonda crisi di percezione; e, di fronte poi alle istituzioni che pretendono di dirci ciò che dobbiamo man­giare, bere e respirare, dobbiamo riappropriarci dei fondamentali diritti di autodifesa e di orientamento nell’ambiente. Ma sarà impossibile far questo, se non ci svegliamo fortemente dalla grande atrofia morale che ci devasta.

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